Il problema ecologico

La necessità di ridurre l’emissione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) e di altre sostanze inquinanti è divenuta sempre più pressante. A tale riguardo i vari accordi internazionali, quali il Protocollo di Kyoto del 1997 e gli accordi sul clima di Doha del 2012 e di Parigi del 2015, hanno formalmente sancito l’impegno dei paesi aderenti a ridurre in modo considerevole l’emissione di CO2 in atmosfera.

L’accordo di Kyoto prevedeva la riduzione dell’emissione di CO2, negli anni dal 2008 al 2012, del 5,2% rispetto alle emissioni del 1990. Successivamente i nuovi accordi sul clima di Doha nel 2012 hanno prolungato i tempi di riduzione delle emissioni fino al 2022 e gli ulteriori accordi di Parigi nel 2015 hanno aumentato il numero di paesi che aderiscono all’iniziativa. Quindi nel 2022 tutti i paesi che hanno ratificato questi accordi dovranno aver ridotto le emissioni di CO2 rispetto al 1990. Nel 1997 il fabbisogno mondiale di carbon black era di circa 3 milioni di tonnellate. Nel 2022 gli analisti prevedono un fabbisogno di 25 milioni di tonnellate, con una crescita annua del 5,9% dal 2015 in poi. (Fonte: global carbon black market – trends and forecast 2015-2020).

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Il carbon black vergine è il risultato di una combustione incompleta di derivati di petrolio. La produzione di 1t genera l’emissione diretta in combustione di 2,87t di CO2 e si consumano o inquinano circa 5t di acqua. La depurazione di queste acque genera circa 2t di emissione di CO2. Quindi 1t di carbon black vergine genera poco meno di 5t di CO2.

Il processo Tyrebirth produce un carbon black di elevatissima qualità, pari al carbon black vergine, senza combustione e senza inquinamento di acque. La sola cogenerazione di E.E. produce una minima parte di CO2, quantificabile in meno di 0,2t per 1t di carbon black.

Oggi ci sono 1,3 miliardi di veicoli a motore circolanti nel Mondo

Nel 2035 si stimano 2 miliardi di veicoli a motore nel mondo. C'è una reale necessità di recuperare gli pneumatici a fine vita in modo ecologicamente sostenibile.

La quantità di materiale su cui operare è enorme, nel 2005 in Europa sono stati prodotti circa 2,75 milioni di ton di pneumatici fuori uso (PFU) ed un’analoga quantità è stata smaltita come rifiuto. La produzione prevista per il 2020 è di 25 milioni di ton. I PFU sono un rifiuto problematico da essere riciclato a causa della loro elevata produzione annuale e della loro composizione eterogenea. (Fonte: Mark, J.E., Arman, B., Eirich, F.R., 2005. Science and Technology of Rubber combustion of scrap tire, Petroleum & Coal, 48: 15-26).

Solo il 44% dei PFU è inviato al recupero dei materiali (produzione di nuovi prodotti, lavori d’ingegneria come strade, arredi urbani, materiali di riempimento). (Fonte: L'Italia del Riciclo, 2011. Federazione Italiana Imprese e Servizi, Unione Nazionale Imprese Recupero - L'Italia del Riciclo, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Rimini).